Vecchie foto, ricordi, celebrazioni, mostre, antologie. Putignano scava nella memoria, alla ricerca di un Carnevale che non tornerà più. Il rito inizialmente propiziatorio, si è poi evoluto in una moderna forma spettacolarizzata di conformismo carnevalesco che ci ha ridotti a semplici spettatori inanimati
Putignano (Ba) – Una mostra fotografica per rendere omaggio a Stefano Caldi, soprannominato U Baresidd. Più che all’uomo, il ricordo sembra dedicato alla maschera di U Beresìdd. Più che un ricordo, la celebrazione del personaggio sotto forma di nostalgia nei confronti di un Carnevale che non riesce a essere quello impresso nelle nostre memorie.
Il personaggio U Baresìdd e le sue mascherate, incarnavano efficacemente quello spirito ironico e gaudente, scanzonato e surreale ma al tempo stesso attraversato da una sottile vena melanconica, che traeva origine da un rito di intento inizialmente propiziatorio, evolutosi poi in una moderna forma spettacolarizzata di conformismo carnevalesco che ci ha ridotti a semplici spettatori inanimati.
Inizialmente, Il Carnevale in tutte le sue manifestazioni rappresentava un confronto tra l’immaginario popolare e i luoghi e le icone del potere. Veniva irriso il potere religioso con l’irruzione del profano nei territori del sacro. Rappresentava la possibilità di rovesciare ironicamente con lo sberleffo, con la critica corrosiva, con la caricatura grottesca, ogni forma di liturgia del potere. Il volto del potere, soprattutto quello politico, era così ridotto alla dimensione di una maschera. Fatto sta che, evidentemente, siamo stati derubati di questo spirito del carnevale nel momento in cui si è modernizzato il modo di comunicare.
Da un discorso di Nichi Vendola: “….La Televisione ha carnevalizzato la vita quotidiana. Il reality e la fiction, sono una forma di carnevalizzazione in cui vanno in scena maschere leggere e di facili costumi deteriori. Ecco perché l’autentica critica corrosiva e di trasgressione sociale, oggi non funziona più. Perché la trasgressione va in scena ogni giorno e detta il lessico della vita quotidiana, una sorta di carnevale globale che ci ridotto tutti a riverberi di maschere, comiche e tragiche, grottesche e dolenti. Con il Carnevale ci era consentito di capire qualcosa della liturgia del potere. Ora siamo tutti quanti dentro un conformismo carnevalesco, che ci rende inanimati, quando vorremmo essere invece vitalisticamente capaci di prospettare un altro mondo”.