Bari - In data odierna i finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione del Servizio Centrale di Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (SCICO) di Roma, hanno dato GdF_Autoesecuzione al decreto di confisca di beni per un valore pari ad oltre cento milioni di euro, emesso dal Tribunale delle Misure di Prevenzione di Bari nei confronti di un imprenditore, Michele Labellarte (deceduto nel settembre del 2009), ritenuto affiliato al clan PARISI-STRAMAGLIA.


Si tratta di una pericolosa organizzazione criminale barese nei cui confronti gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria di Bari effettuarono una complessa attività investigativa – coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia – culminata con l’esecuzione, nel dicembre 2009, di 83 provvedimenti di custodia cautelare ed il sequestro di beni per oltre 220 milioni di euro disposti dall’Ufficio GIP barese.

In tale ambito investigativo, sempre nel dicembre del 2009, gli specialisti del  Gruppo di Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) di Bari davano altresì esecuzione al decreto n. 325/09 M.P emesso dal Tribunale di Bari – Sezione per le Misure di Prevenzione, su proposta del Procuratore della Repubblica di Bari – dott. Antonio Laudati, sottoponendo a sequestro l’ingente patrimonio del Labellarte, in quanto indiziato di appartenere ad un’associazione di stampo mafioso.

Il Tribunale di Bari – Sezione per le Misure di Prevenzione, con decreto n.173/2011 – 325/09 R.G. M.P. ha ora disposto nei confronti del proposto Labellarte Michele la confisca di tutti i beni (mobili, immobili, societari e finanziari) che erano stati sottoposti a sequestro attraverso l’applicazione della richiamata misura di prevenzione.

In pratica, con l’odierno decreto di confisca, ad epilogo delle complesse indagini patrimoniali svolte dalla Guardia di Finanza di Bari, per la prima volta in Puglia i beni sequestrati ad un indiziato di appartenere ad un clan malavitoso vengono acquisiti definitivamente al patrimonio dello Stato, sfruttando le importanti novità legislative introdotte dai recenti “pacchetti sicurezza” (Leggi n. 125 del 24 luglio 2008 e n. 94 del 15 luglio 2009, confluite nel D. Lgs. N. 159/2011 “cd. Codice Antimafia”). Infatti, l’attuale normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniale ha, tra l’altro, attribuito maggiore rilevanza alla “pericolosità/mafiosità del bene” rispetto che a quella del soggetto che di quel bene dispone. Ciò consente, quindi, l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale in forma disgiunta da quella personale, nonché la procedibilità, in caso di decesso del “proposto” ed entro 5 anni dalla sua morte, anche nei confronti degli eredi o aventi causa. Ne deriva che il decesso di una persona sottoposta a misure di prevenzione (come nel caso del Labellarte), una volta accertata la sua organicità ad un sodalizio di stampo mafioso, non fa venir meno l’applicabilità della misura di prevenzione.

Il citato imprenditore, secondo la ricostruzione operata dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, aveva il compito di riciclare, attraverso il proprio gruppo di imprese, i proventi delle attività illecite del sodalizio criminale PARISI - STRAMAGLIA. Infatti, tra il 2001 ed il 2002 il clan mafioso pugliese aveva la necessità di convertire dalle lire agli euro ingenti somme di denaro derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti, contrabbando, usura, estorsione e dal commercio di armi.

Per tale motivo il boss Stramaglia Angelo Michele si rivolse al Labellarte, imprenditore “rampante” di Valenzano (BA), condannato nel 2002 per bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale, con grandi disponibilità finanziarie derivanti dai citati delitti e ben introdotto nei circuiti affaristici della “Bari bene”: un “colletto bianco” disposto a “lavare” il tesoro del Clan.

Sei miliardi di vecchie lire, in contanti, a tanto ammontava il tesoro consegnato al Labellarte che era diventato il “cassiere” del clan con il compito di investire e diversificare quei contanti. Denaro di cui il capo clan Savino Parisi aveva rivendicato la proprietà durante un incontro avvenuto in ospedale, ove l’imprenditore si trovava ricoverato in fin di vita.

Le investigazioni condotte dal G.I.C.O. hanno permesso di accertare che Labellarte Michele disponeva indirettamente – avvalendosi di “prestanome” - di numerose società e conti correnti bancari attraverso cui ha potuto riciclare il “tesoro” affidatogli dal sodalizio criminale Parisi-Stramaglia.

Gli elementi probatori raccolti dai finanzieri durante le complesse indagini economico -finanziarie, hanno fatto emergere una fitta rete imprenditoriale, il cd. “Gruppo Societario Labellarte”, costituita da società amministrate da “teste di legno”.

In particolare venivano individuate le seguenti società, per la maggior parte immobiliari, di fatto operanti sotto la direzione e controllo del Labellarte Michele:

1.  UNIEDIL SRL con sede legale in Bari – esercente l’attività di “lavori generali di costruzione di edifici”;

2.  LABELLARTE FRANCESCO SRL, con sede legale in Valenzano (BA), - esercente l’attività di “locazione di beni immobili”;

3.  PANARALE SRL, con sede legale in Valenzano (BA) – esercente l’attività di “locazione di beni immobili”;

4.  L’EMIRO SRL, con sede legale in Valenzano (BA) – esercente l’attività di “locazione di beni immobili”;

5.  DUEMILASESSANTUNO SRL (in sigla 2061 SRL), con sede legale in Valenzano (BA)– esercente l’attività di “locazione di beni immobili”;

6.  ALITRADING SRL, con sede legale in Bari, esercente l’attività di “commercio all'ingrosso di oli e grassi alimentari“;

7.  ELLEMME SRL, con sede legale in Cellamare (BA), esercente l’attività di “locazione di beni immobili propri e sublocazione”,

8.  STARTED SRL, con sede legale in Bozzolo (MN), Viale Lombardia 18 – esercente l’attività di “commercio all'ingrosso di altri prodotti”,

Le suddette imprese investivano i proventi illeciti nell’acquisto di ville, appartamenti, capannoni industriali e terreni edificabili. La principale operazione di reimpiego di proventi illeciti ricostruita dai finanzieri del G.I.C.O. è stato il c.d. “affare universitario” consistente nella realizzazione, da parte di Michele LABELLARTE, di un progetto denominato “Centro Universitario Integrato” pubblicizzato come “il più importante d’Italia” capace di offrire 3.500 posti letto a studenti universitari fuori sede.

Oltre alle società appena richiamate sono stati sottoposti a confisca, complessivamente, 89 immobili (tra cui ville, appartamenti, capannoni industriali e terreni) ubicate in Bari e provincia, Brindisi e Mantova, nonché 83 rapporti di conto bancari e 4 automezzi, per un valore complessivo pari a circa 102 milioni di euro.

Con il decreto di confisca odierno, che come detto consente l’acquisizione definitiva dei suddetti beni al patrimonio dello Stato, viene ancora una volta confermata l’attenzione costantemente rivolta dalla Magistratura e dalla Guardia di Finanza all’illecito accumulo di patrimoni di derivazione illecita e riconducibili alla criminalità organizzata di stampo mafioso.