Di Betta Gonnella
Putignano (Ba) - Quando si è un giornalista, si ha la passione per il teatro e si incontra l’attore Sergio Vespertino non ci si può trattenere dall’istinto di conversare con lui e porgli qualche domanda.
Ho incontrato Sergio Vespertino domenica 9 gennaio al Teatro Piccinni di Bari in occasione della messa in scena del suo spettacolo “Papà alla coque” rientrante nella stagione teatrale 2010-11 “To the Theatre 2nd year” promossa dal Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano e diretta da Vito Signorile.
Il volto di Sergio Vespertino è noto anche al pubblico del piccolo e grande schermo. A tal proposito lo ricordiamo particolarmente in diversi episodi del Commissario Montalbano, nella fiction “Agrodolce” nel ruolo di Pietro Spano (a fine marzo la fiction ritornerà con i nuovi episodi) e nel film “Viola di mare”, sempre nel ruolo del cattivo di turno.
Incontrando l’attore palermitano, nonché autore dei suoi testi e regista di se stesso, ho scoperto una persona squisita, simpatica, semplice ed umile, una persona senza “grilli per la testa”, capace di dare il giusto peso alle cose e di rispettare il lavoro degli altri, capace di afferrare l’essenza della vita e condividerne con l’interlocutore le emozioni e le sensazioni.
“Papà alla coque” che sta proprio per “papà bollito” nasce osservando quello che accade sin da quando un uomo sa di diventare papà. L’uomo si trasforma, così come si trasforma tutto quello che è accanto a lui e Vespertino lo sa bene considerando che è papà di una piccola di tre anni e mezzo. Né è nato uno spettacolo, divertente, realistico, riflessivo ed armonico nei tempi, nei ritmi, nelle movenze.
Sergio si tratta di uno spettacolo autobiografico?
“Al di là dell’autobiografismo ho trovato interessante raccontare del papà che abitualmente è sempre visto come figura marginale rispetto alla madre legata al bambino dal cordone ombelicale. Oltre alle piccole tragedie che possono rivoluzionare tutta la vita di un papà, ho voluto tirar fuori anche il lato affettivo e romantico. Lo spettacolo, infatti, è prevalentemente comico ma ci sono due - tre occasione dove, appunto, emerge questo aspetto sdolcinato dell’uomo”.
Lo spettacolo vuole essere un mezzo per dare un messaggio ai neo-papà?
“Certo, ma io direi che questo spettacolo non è solo per i papà ma addirittura per la coppia. È vero io parlo dei papà ma quello che cambia con la nascita di un figlio è il binomio uomo – donna e durante lo spettacolo se ne parla continuamente. L’auto-ironia, fare critica su stessi nel modo più divertente, è il miglior modo per rivedere questa figura, migliorarsi e migliorare. Elenco tutte le piccole tragedie del diventare padre ma poi basta un nonnulla, un sorriso, uno sguardo mandato a te, che cambia tutto, ti carichi, capisci il valore della vita e allora tutto quello che ho detto lo si rimette in discussione, diventa trascurabile, accettabile perché pian piano diventi sempre più papa".
Il suo compagno di viaggio è il fisarmonicista Pier Paolo Petta. Com’è la “convivenza”?
“Ottima considerando che questo connubio dura ininterrottamente dal 2003. Pier Paolo Petta è anch’egli autore delle sue musiche ed è bravissimo. Abbiamo creato una sinergia importante. Durante lo spettacolo lui mi detta il ritmo, il fiato, il respiro dello spettacolo stesso”.
Le prossime tappe di “Papà alla coque”?
“Lo spettacolo è in scena dallo scorso anno. Nel 2011, dopo Bari, saremo a Formia, Napoli, Cagliari, Nuoro, Caserta, Torino”.
Ma Sergio Vespertino cosa preferisce la pellicola o il teatro?
“Il teatro che voglio far vivere in tutti i miei modi e in tutte le mie migliori espressioni. Negli spettacoli quello che non deve mancare, al di là della risata, deve essere la riflessione per solleticare altre corde. Il mio teatro lo definisco “teatro trasversale” ossia uno shakeraggio tra il cabaret e il teatro che genera il teatro comico”.
Il suo sogno nel cassetto?
“Far sì che mia figlia possa essere in scena con me anche solo una volta e anche se deciderà di non fare questo lavoro. Non ho un sogno irraggiungibile perché altrimenti si fa una vita fatta di inseguimenti, con la quasi certezza di non realizzare quello che hai sempre agognato. In fin dei conti basta fare dei piccoli passi avanti e desiderare una piccola cosa alla volta”.
Il ruolo delle Istituzioni nella cultura teatrale?
“Vorrei che le istituzioni anziché stanziare a ventaglio danari per qualunque progetto, diano dei servizi (service, ecc), mettano per esempio a disposizione dei luoghi. Così si favoriscono i giovani e si stimolano perché ci sono molti di loro che non hanno la possibilità di avere degli spazi. Spesso capita che chi non ha le capacità solo perché c’è il politico di turno si ritrova, comunque, ad avere dei soldi per fare qualcosa, magari, una “cavolata” che il pubblico neanche segue. Accade così che chi lavora tutti i giorni e guadagna solo dal botteghino, poi si ritrova ad avere un altro collega che presentando due progetti l’anno guadagna tanti soldi. Guadagnando solo dal botteghino, invece, parecchi ci penseranno due volte a proporre certi progetti e magari cambieranno mestiere”.
C’è qualcuno che vuole ringraziare per “Papà alla coque”?
“Mia figlia Sara perché questo spettacolo l’ha fatto lei e mia moglie Laura che mi permette di raccontare i fatti di casa mia”.
Elisabetta Gonnella